Le alternative al polistirolo, quali scegliere

2021-12-27 12:19:12 By : Ms. Jessie Zhou

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Nanowood per l’edilizia, PLA per gli imballaggi a contatto con gli alimenti. Ecco le novità più naturali e meno inquinanti.

Quando si parla dell’inquinamento ambientale generato dagli imballaggi, si pensa subito alla plastica.

Il polistirolo (o polistirene) è un polimero dello stirene, un derivato del petrolio. Ciò lo rende un materiale inquinante per l'ambiente. Questo materiale ha comunque delle caratteristiche - come praticità, leggerezza ed un costo contenuto - che lo rendono largamente utilizzato in numerosi settori. Il prodotto finale, cioè il polistirolo espanso, si presenta in forma di schiuma bianca leggera, spesso modellata in sferette o chips.

È un materiale molto comune nel mondo dell'edilizia: è utile, ad esempio, come isolante, grazie alla sua ridotta conduttività termica. Il polistirolo, però, è conosciuto soprattutto per il suo impiego nel settore degli imballaggi. Per quanto riguarda gli elettrodomestici, ad esempio, serve a proteggere i prodotti da eventuali urti o cadute. Le vaschette in polistirolo per gli alimenti (carne, pesce, formaggi, ecc.) risultano molto pratiche. Non mancano, infine, altri oggetti realizzati con questo materiale, come le tavolette per il nuoto, bicchieri e altri contenitori per l’asporto di cibi e bevande o i blocchi utilizzati come salvagente per le barche a vela.

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Il polistirolo è riciclabile: infatti deve essere smaltito all'interno dei contenitori dedicati alla raccolta differenziata della plastica. Tuttavia, se il polistirolo non viene conferito negli appositi contenitori, può finire nei mari e negli oceani, con gravi conseguenze per l'ambiente e per la salute umana. Secondo una stima dell'associazione ambientalista Marevivo, ogni anno in Italia vengono consumate all’incirca dieci milioni di cassette in polistirolo espanso.

Basti pensare alle classiche scatole bianche nelle quali i pescatori depositano il pesce appena pescato per trasportarlo a terra. Se una sola di queste cassette finisce in mare, questa può generare almeno un milione di microplastiche, particelle che poi vengono ingerite dalle creature che popolano i mari. Potrebbe trattarsi, ad esempio, del pesce che poi finisce sulle nostre tavole e quindi nel nostro intestino. Spesso, poi, gli oggetti in polistirolo si sgretolano per semplice usura, per questo è importante non disperderli nell’ambiente ed effettuare correttamente la raccolta differenziata.

Sviluppare delle alternative meno inquinanti del polistirolo è dunque diventata una priorità. Negli anni le sperimentazioni si sono moltiplicate in differenti Paesi. Alcune hanno avuto breve vita, altre hanno mostrato di poter essere utilizzate per lungo tempo e su larga scala. Tra le alternative più naturali, utilizzato soprattutto nel campo dell’edilizia, c’è il nanowood. Il nanowood è simile al polistirolo, ma è completamente biodegradabile.

Sviluppato presso l’Università del Maryland, questo materiale innovativo è stato ottenuto con del legno mescolato ad alcuni prodotti chimici come il perossido di idrogeno e l’idrossido di sodio. Questi prodotti chimici estraggono le pareti cellulari e rilasciano nanofibre di cellulosa. Il nanowood è in grado di intrappolare interamente il calore, può dunque diventare una notevole fonte di isolamento. Inoltre, la provenienza dagli alberi rende il materiale leggero e rinnovabile, ma anche robusto e biodegradabile.

All’inizio il nanowood è stato ricavato da porzioni di tronco di tiglio americano, attraverso un processo per molti versi simile a quello della produzione della carta. Gli scienziati hanno per prima cosa dovuto separare le fibre di cellulosa dagli altri due componenti strutturali, l’emicellulosa e la lignina. Al termine del processo di produzione, ciò che rimane è un fascio, bianco e leggero, di fibre di cellulosa.

La forma tubolare delle fibre conferisce proprietà anisotropiche. Il calore può dunque essere trasmesso liberamente lungo le fibre, ma viene bloccato efficacemente in qualsiasi altra direzione. Quindi i progettisti possono usare questa proprietà per canalizzare o bloccare l’energia termica semplicemente cambiando l’orientamento delle fibre di nanowood. Il nuovo materiale isolante è stato realizzato in blocchi edilizi e in una forma sottile, flessibile e anche arrotolabile.

Notizie incoraggianti anche per quanto riguarda gli imballaggi, in particolare quelli a contatto con gli alimenti. L’alternativa naturale al polistirolo, di cui più si parla da qualche anno a questa parte, è il PLA espanso e più in generale le bioplastiche e altri materiali bio-based (cioè realizzati con materie prime naturali e/o biodegradabili e/o compostabili). In diverse città oggetto di progetti di sperimentazione, le cassette bianche in polistirolo per lo stoccaggio del pesce sono state sostituite da cassette in PLA espanso.

Di cosa si tratta? L’acido polilattico (PLA) è un materiale rinnovabile – per la precisione un polimero - che si ottiene dalla fermentazione del destrosio, ottenuto da prodotti vegetali come grano, amido di mais, tapioca o patate. Nel caso delle vaschette per il pesce, il PLA espanso è stato testato più volte per il contatto prolungato con acqua e ghiaccio, la resistenza alle basse temperature, allo sfregamento e al maneggiamento dell'imballaggio.

A partire dal PLA espanso sono stati poi realizzati altri tipi di imballaggi alternativi al polistirolo. Anche se i nomi sono differenti, il processo di produzione cambia di poco. Quelli totalmente biodegradabili possono essere gettati nell’umido. Nei mesi scorsi, ad esempio, il progetto Ecopacklab ha permesso ad un team di ricercatori, in collaborazione con alcune aziende del settore alimentare e imballaggi, di mettere a punto un materiale innovativo proprio a base di acido polilattico.

Questo nuovo materiale non solo è biodegradabile, ma allunga la vita degli alimenti: infatti previene i fenomeni di ossidazione e la proliferazione di microrganismi. La base è costituita da PLA, su cui sono stati successivamente applicati strati diversi per conferire le caratteristiche aggiuntive. Nello specifico, la funzione antiossidante è svolta da un composto attivo, l’acido ascorbico, mentre per l’azione antimicrobica è stato utilizzato un enzima che si chiama lisozima.

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